José Sanchez Del Rio, martire a 14 anni nella rivolta dei cristeros (Radio Vaticana del 23 gennaio 2016)
La storia della santità si arricchisce di un altro esempio di fede e di coraggio straordinari. Tra i decreti di canonizzazione approvati ieri da Papa Francesco figura anche quello riguardante José Sanchez Del Rio, un quattordicenne morto martire nel 1928 durante la rivolta dei “cristeros” contro le persecuzioni anticattoliche ordinate dall’allora presidente del Messico. La figura del giovane ricordata in questo servizio da Alessandro De Carolis:
Per i cristiani in Messico nella seconda metà degli anni Venti del Novrcento l’aria è semplicemente irrespirabile. Il presidente Calles – per il quale la causa di tutti i mali del Paese sarebbe la Chiesa – cala una ghigliottina su chi ne fa parte: seminari e scuole cattoliche sbarrati, sacerdoti messicani a “numero chiuso” e sottoposti all’autorità civile, i preti stranieri espulsi. E la gente comune messa davanti a una scelta da niente: o rinunci alla fede o perdi il lavoro. Una prigione senza uscita, vessatoria e umiliante, con le pareti architettate per schiacciare senza scampo né pietà.
La rivolta
L’insurrezione è inevitabile. Un esercito di contadini, operai e studenti impugna le armi per spezzare il giogo. Non sono addestrati a combattere i “cristeros” – così si chiamano – vogliono solo ridare al Messico la libertà di pronunciare il nome di Dio. E “¡Viva Cristo Rey!” è il loro grido di battaglia e la Madonna di Guadalupe la bandiera sotto la quale difendersi.
“Tarcisius”
Le mani che tengono su quella bandiera durante la cruenta battaglia di Cotija, il 6 febbraio 1928, non sono quelle nodose di una campesino o di un operaio. Sono piccole come possono esserlo quelle di un ragazzino di quasi 15 anni. José Sanchez del Rio ha implorato la mamma pur di non restare a guardare. È diventato la mascotte dei “cristeros” che lo chiamano “Tarcisius” come il giovane romano, ucciso per aver difeso l’Ostia consacrata. Quando in piena mischia un proiettile abbatte il cavallo del suo comandante, Josè gli offre il suo e tenta di coprirgli la ritirata a colpi di fucile, che presto resta scarico. Il tentativo fallisce, entrambi vengono catturati e qualche giorno dopo José finisce rinchiuso nella chiesa del suo paese, Sahuayo, profanata dai soldati federali e trasformata in un pollaio.
“¡Viva Cristo Rey!”
Per rabbia, il ragazzino tira il collo a qualche volatile e questo gesto scatena la rappresaglia. Alcuni soldati entrano a picchiarlo, lo seviziano, e lui a squarciagola esplode il grido di battaglia, a ripetizione: “¡Viva Cristo Rey!”. La sua resistenza coraggiosa fino all’ostinazione che nessuna sofferenza riesce a piegare diventa ben presto un problema. Processare un ragazzino non ha senso, così in suoi aguzzini cercano di fargli rinnegare la fede promettendogli, oltre alla libertà, denaro a profusione, una brillante carriera militare, addirittura l’espatrio negli Stati Uniti. La risposta di José è immaginabile: “Viva Cristo Re, viva la Madonna di Guadalupe!”. Un’alta idea è chiedere un riscatto ai genitori, ma José riesce a convincerli a non pagare e anzi di nascosto dalla zia Magdalena riesce anche a ricevere la comunione.
Il coraggio e la viltà
È la goccia finale. La sera del 10 febbraio 1928, verso le 23 – un’ora tarda perché nessuno vedesse cosa un gruppo di soldati stava per fare a un bambino e perché il male è anche vigliacco – i militari decidono di sfogare su José la loro crudeltà. Gli spellano le piante dei piedi, lo costringono a camminare sul sale e poi lo strattonano verso il cimitero. José continua imperterrito a gridare il nome di Gesù e di Maria. Uno dei soldati lo accoltella non gravemente, gli chiedono per l’ultima volta di rinnegare la sua fede. Lui rifiuta e domanda di essere fucilato, continuando a invocare quei due nomi uniti in un grido che non si placa. Vorrebbero finirlo a coltellate, in silenzio, ma il capitano innervosito da quell’invocazione estrae la pistola e gli spara.
“Cara mamma, ti aspetto in Paradiso”
Sul corpo gli troveranno questo biglietto: “Cara mamma, mi hanno catturato, stanotte sarò fucilato. Ti prometto che in Paradiso preparerò un buon posto per tutti voi.”. Firmato: “Il tuo Josè che muore in difesa della fede cattolica per amore di Cristo Re e della Madonna di Guadalupe”.